Lo ho fatto... mi è costato molto, odio la morte degli altri,
della mia non ho timore che avvenga
e che mi accompagni in una montagna che conosco,
quella degli altri e’ una sofferenza che sento
troppo, la assorbo con fatica e mi si insinua nell'anima, non sopporto di
essere impotente e inutile
a dare soluzioni...risposte che non ci sono... aiuti che servono a qualcosa.
E' l'inutilità che mi terrorizza, il guardare negli occhi una persona che
ha dolore e che chiede
risposte che non ho, vorrei sapere le risposte alle domande che porgono
quegli occhi, vorrei avere
parole che consolano in qualche modo e che ripaghino;
ma non ho nulla che possa esser utile, solo
misere parole apprese dall'educazione: "condoglianze"!
Parole inespressive che esprimono solo il fatto che siamo inutili;
io vorrei abbracciare la persona,
piangere calde lacrime per il ricordo, per i momenti che non torneranno più...
Sento sempre una lama di ghiaccio che mi si insinua negli occhi, che lacera
il mio cervello scavando
una nicchia di indifferenza alle sensazioni che mi protegge
dalla mia inutilità.
Come combattere l'ineluttabile, il già fatto?
E' possibile solo vivere ancora, camminare accompagnando con una luce di
parole le persone che sono
care e che soffrono.
Ho provato ad essere dalla parte di chi soffre il dolore acuto della
perdita, mi sono sentito
come se mi fosse stato avvolto un manto di spesso vetro, una coperta gelida
e sorda, non sentivo
che il cuore battere, forte rumore, incomprensione delle parole degli altri,
meste incombenze
che si susseguivano con precisione nei momenti in cui volevo essere solo.
Incomprensione del momento e delle persone d'intorno…
parole senza senso
che volavano in aria.
Il tempo è l'unica risposta, da cercare ognuno, dentro al proprio animo,
guardando ai visi che
ci hanno accompagnato e che ci accompagnano ancora.
(Giancarlo Rossetti, 2016)